Mauro Smocovich

 

L'Angelo Curioso

Imperfetto Silenzio

  I edizione novembre 1997

 

 

Prefazioni di Carlo Lucarelli

Chi non conosce la letteratura di genere è portato a pensare che sia una strada stretta, dai con- fini ben definiti e invalicabili come il guard rail di cemento di un'autostrada. In realtà i confini del genere, che siano le atmosfere cupe del noir o le visioni futuriste della fantascienza, sono virtuali e impalpabili come le mura di un ologramma e non chiedono altro che di essere violate e perforate da spiriti curiosi.

Molti dei racconti de "L'Angelo Curioso", infatti, potrebbero essere classificati come racconti di genere. Dalla lucida follia da serial killer di "Irritazioni", al metapoliziesco di "Breve racconto", alle visioni cyber di "Quando c'è l'amore...", fino alla fantascienza classica delle astronavi galattiche di "Agnus Dei"... i generi ci sono tutti. Ma come Angeli curiosi, i racconti di Mauro Smocovich volano via, scivolano tra le convenzioni narrative e mutano, si trasformano come embrioni investiti dalle radiazioni nucleari e diventano unaltra cosa, che sta a metà tra Scerbanenco e Lovecraft.

Diventano brevi frammenti di storie con interi universi nascosti tra le righe. Mondi sconosciuti ancora da immaginare, metà oscure che soltanto un angelo curioso come un angelo ribelle può permettersi di sorvolare.

 

 

"Non si può dire tutto in un racconto".

È la frase finale di un racconto di Mauro Smocovich, parte della quale ne costituisce anche il titolo e, secondo me, dice molto del suo stile e del taglio di "Imperfetto Silenzio". Perché quello che accomuna tutti i frammenti di questa raccolta di racconti è proprio questo silenzio carico di significato, gonfio di suoni che ronzano in sordina tra una frase e l'altra, brevissima, spezzata, come lasciata a metà perché il resto sia da immaginare. Un silenzio come quello che si sente quando ci si tappa le orecchie con le mani e il silenzio non è più silenzio e basta, ma un silenzio in cui rimbombano cose nascoste, echi di pensieri che vengono da dentro la testa e non da fuori. Un silenzio imperfetto, appunto.

Le cose che appaiono tra le frasi dei racconti sono ombre e luci. Ombre cupe di "incubi e succubi", di cadaveri di sogni, di angosce nere in agguato, pronte ad aggredire nei momenti di maggiore vulnerabilità, al risveglio dal sonno, per esempio, sull'orlo di una scogliera, di notte. Le luci, invece, sono quelle dell'ironia, del colpo di scena finale che illumina le ombre col lampo di un sorriso cattivo ma forte, a metà tra Kafka e Buzzati.

A dimostrazione che non dire tutto, in un racconto, a volte significa dire molto e forse di più.

 

dalla prima pagina della raccolta "L'Angelo Curioso":

SEMPLICE ESERCIZIO - Rigidità. Nessuna possibilità di movimento. Il cervello incapsulato da una forza centripeta. Dolore alla base del cranio, in fondo alle orbite oculari, alle tempie, alla nuca. Lo stomaco si è trovato un posto in gola, non si decide a venir fuori. [...]  

dalla prima pagina della raccolta "Imperfetto Silenzio":

MALINCONIA - Impercettibile, la bava del ragno tesseva la tela. I filamenti organici si disponevano secondo un disegno logico e programmato. L'intricata griglia attendeva la preda. Tra le pareti, invece, ronzava tenace il pensiero [...]  

 

 

Mauro Smocovich, Mauro Smocovich è nato nel 1966. Fa parte dell'Associazione culturale "Cupe Vampe" di Pescara che si interessa della scrittura e della comunicazione attraverso i loro legami con gli altri strumenti espressivi ed artistici. Con il racconto "Semplice esercizio" ha vinto il Concorso letterario "Scrittura Creativa" (Pescara 1997). Il racconto è inserito nella seguente raccolta ed è pubblicato su Internet nel sito dell'Associazione "La Pergamena Virtuale" (http//www.pergamena.org)... Cura inoltre, insieme a Vittorio Spasic, il programma "Fabula Rasa" all'interno del palinsesto di Radio Città, 97,75 Mhz.

 

 

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